La vita e il lavoro…con o senza accento?

Le riflessioni dell’editore di Angelo Latella 

Oggi, primo Maggio, festa del lavoro. Il lavoro è un argomento altamente serio, e oggi, proprio oggi, lo è ancora di più.

Per questo vorrei scherzarci un po’. Ed ecco un elenco di riferimenti a tema: il lavoro nobilita l’uomo; fai il lavoro che ami e non lavorerai mai; se fosse cosa buona l’ordinerebbe il medico; la Repubblica è fondata sul lavoro; il lavoro è il gioco dei grandi; il lavoro rende liberi…e per chiudere, ma soprattutto per sdrammatizzare realmente “chi non lavora non fa l’amore”.

Ed è bruttissimo, pensate se fosse vero. Adesso vogliamo parlare un po’ dei disoccupati? Si dividono in tre categorie? Disoccupato contento, disoccupato triste, disoccupato speranzoso (sono pochi, sono quelli perennemente in attesa di prima occupazione).

Il disoccupato contento è quello che non riesce a trovare lavoro, nonostante si impegni costantemente… diciamo che è apposto con la coscienza, e non avendo problemi economici “rilevanti”, guarda al futuro con ottimismo.

Il disoccupato triste è quello che non sa gioire del suo essere tale, vorrebbe lavorare se l’offerta fosse allettante…non sa adattarsi e pertanto preferisce rimanere disoccupato, ipotizzando e distribuendo colpe altrui per il suo stato di “non c’è lavoro” e magari gode del reddito di cittadinanza.

Del disoccupato speranzoso abbiamo accennato, è quello che ha studiato, che crede nella politica, che è ottimista per natura… magari fa qualcosa in nero, per dirla alla calabrese “si rrancia” , e percepisce anche lui il reddito di cittadinanza. Il disoccupato speranzoso si distingue dagli altri soprattutto per la fede, ha molta fede. Vi sembra poco?

Disoccupati di tutto il mondo: abbiate fede, e buona domenica.