Si costituirà a Roma, tra il 14 e il 15 febbraio, la Rete di Trieste, il network di amministratori locali di ispirazione cristiana nata a margine della Settimana Sociale dello scorso luglio. Scopo della Rete è quello di dare vita ad un luogo di dialogo, confronto e partecipazione in cui il comune riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa «aiuti a smussare – dichiarano i promotori – le asperità dell’attuale bipolarismo politico».
Attualmente sono circa 300 gli amministratori provenienti da tutta Italia ad aver aderito all’appello. Tra questi, anche il consigliere metropolitano e comunale Giuseppe Marino, già assessore alle Politiche Comunitarie del Comune di Reggio Calabria, che spiega: «Da cristiani impegnati nel sociale, siamo cresciuti con l’idea che la politica sia la più alta forma di carità. È questo il messaggio che dobbiamo riuscire a veicolare grazie alla Rete di Trieste. Puntiamo a costruire un progetto politico che guardi soprattutto alle fasce più deboli della popolazione e alle periferie delle nostre città, che metta al centro l’azione politica intesa come servizio e non come controllo o accentramento del potere. Gli amministratori – prosegue il consigliere – ricoprono un ruolo politico sempre più significativo nel nostro Paese, in virtù del contatto diretto con le persone e con i territori che il loro ruolo impone. L’insieme delle competenze di ciascuno di noi all’interno della Rete costituisce un patrimonio collettivo enorme che potrà, se ben indirizzato, incidere profondamente nelle azioni e nel dibattito politico dei prossimi anni».
«C’è chi vive di nostalgie, chi coltiva il sogno mai sopito di un nuovo partito» dichiarano Francesco Russo, vicepresidente del Consiglio del Friuli Venezia Giulia, ed Elena Granata, vicepresidente del Comitato organizzatore della Settimana sociale di Trieste, i maggiori promotori della Rete di Trieste. «Tuttavia, – proseguono – è molto più complesso e coraggioso generare nuove condizioni di ascolto e condivisione, far innamorare i giovani della politica, recuperare il senso di una partecipazione collettiva. Per questo, a Roma, il 14-15 febbraio, tenteremo di piantare il seme di un nuovo stile: un impegno generoso e gratuito per la politica, sia territoriale che nazionale. Continuare sulla via del dialogo, organizzare la partecipazione, trovare linguaggi comuni e azioni condivise: è un obiettivo ambizioso, forse addirittura più importante che fondare un nuovo partito»