Un affresco vivido della Sicilia che piace al pubblico reggino

di Grazia Candido (foto di Antonio Sollazzo) – Un affresco vivido della Sicilia ottocentesca, tra giochi di potere, ribellioni popolari e contraddizioni politiche. “Il birraio di Preston” di Andrea Camilleri, riadattamento teatrale messo in scena ieri sera al “Francesco Cilea” per la regia di Giuseppe Dipasquale, evento inserito nella stagione teatrale della Polis Cultura di Lillo Chilà, si conferma un’opera attuale, capace di raccontare la Sicilia con ironia e profondità.

La forza comica dell’arte di Camilleri, il piacere del linguaggio, il paradosso della battuta, l’amara coscienza e il dolore sono i temi che l’autore riesce a incasellare nella sua opera magistralmente realizzata dalla compagnia di attori capitanati da Edoardo Siravo e con Federica De Benedittis e Mimmo Mignemi.
Il palco, luogo dell’azione dove si snoda la storia, diventa quel ponte tra teatro e letteratura ed è lì che ogni spettatore si ritrova avvolto da una luce solare, vivida di colori e ricca di sfumature che ammanta i personaggi.

In un piccolo paese siciliano, nella topografia camilleriana è il solito Vigàta, si dipana durante la seconda metà dell’Ottocento, una storia divertentissima e al tempo stesso tragica, che culmina nell’incendio di un teatro. Il terribile incendio diventa l’inizio e la conclusione di un racconto che vede tutti gli attori (Gabriella Casali, Pietro Casano, Luciano Fioretto, Federica Gurrieri, Paolo La Bruna, Giorgia Migliore, Valerio Santi, Vincenzo Volo, ognuno dei quali interpreta agilmente due, tre personaggi diversi, anche in scene consecutive) in quell’orchestrazione ritmica di dialoghi e in un perfetto gioco linguistico.

Il pubblico è attento e partecipe a quel racconto letterario che continua a far riflettere sul rapporto tra potere e popolo, sull’identità siciliana e sulle sue contraddizioni, il tutto condito con quella sottile ironia che ha reso Camilleri uno degli autori più amati del panorama letterario italiano.

In platea, si ha quasi timore ad applaudire il talento e la bravura di attori dalla vocazione trasformista e con un livello interpretativo altissimo, abili a catalizzare l’attezione di ogni spettatore che premia una messinscena fedele, intrigata ma sempre brillante. E non sbagliamo a dire che anche questa volta, la Polis Cultura ha fatto centro regalando a Reggio Calabria una serata piacevole e stuzzicante, difficile da dimenticare.