La Reggina a Bolzano o a Lourdes?

Le riflessioni di Angelo Latella

“Ieu ‘a Reggina l’haiu nto cori” oppure “‘A Reggina è a me famigghia “, sono espressioni di legame, di attaccamento, d’amore.

In città non si respirava altro in questi giorni, direi che quasi quasi, c’era stato pure un aumento di preghiere, ma non con il classico Rosario, con i semplici “nchianamu si voli Diu” oppure “su Signuri voli” , che è la stessa e identica cosa.

Dimenticando però che anche a Bolzano hanno pregato allo stesso modo, magari nel loro dialetto, e Dio, che ama tutti, avrà risposto: “lassatimi fora a mia i sti così, vinca chi sbaglia di meno”.

E così è stato. Ci siamo organizzati, siamo riusciti a spostare impegni più o meno importanti, non abbiamo badato a spese, abbiamo percorso migliaia di “km” per vedere la Reggina, l’amata, che non può essere lasciata sola nel momento del bisogno…cosa ci fa fare l’amore!

Eppure c’è gente che trova difficoltà ad organizzarsi per andare a Pietralcina o a Paravati.

Che significa? Che manca l’amore? Manca la passione? No, significa che la vita è fatta di momenti e nel calcio alcuni momenti sono irripetibili, non puoi perderli, la felicità passa attraverso questa o quella vittoria, attraverso un riscatto sociale, un sogno: in serie A c’è pure Reggio Calabria.

In fede, invece, si può scegliere quando amare, e come amare, Dio aspetta in continuazione, non ha fretta, e per amare non è necessario fare “km”, puoi stare anche a casa tua, si ama salutando con un bel sorriso la vicina di casa, porgendo un euro all’immigrato fuori dal supermercato, facendo un piccolo bonifico all’alluvionata Emilia Romagna.

Lo diceva pure Natuzza Evolo, pregate Dio e la Madonna, perché loro vi amano… voi venite a casa mia, ma è da Dio che dovete andare, è Lui che fa i miracoli.

Siamo stati a Bolzano, abbiamo perso, siamo stati sfortunati, il miracolo però, non dimentichiamolo, l’abbiamo avuto in anticipo… la scorsa estate eravamo morti e siamo tornati in vita.