“Tantu vai ‘a quartara ‘o puzzu, finu a chi lassa manicu e mussu”

Detti e proverbi di Calabria… liberamente narrati da Angelo Latella

La traduzione “letterale” in lingua italiana sarebbe “Tanto andrà la quartara (grande brocca d’argilla con due manici) al pozzo, fin quando non ci lascerà i cocci (metafora del rompersi sul posto, in questo caso i manici, e il muso, che sarebbe l’imboccatura della brocca)”.

È un proverbio che parla di fragilità, di utilità, di “usura”, in poche parole del cerchio della vita.

La quartara è utile per prendere e trasportare l’acqua, dal pozzo alla propria casa (precisiamo che all’epoca l’acqua non arrivava dentro le case e non esistevano i bidoncini di plastica, pertanto i contenitori di liquidi erano prevalentemente in terra cotta), la quale però non dimentichiamolo, ha una proprietà speciale, quella di mantenere fresca l’acqua (un po’ come le borracce d’oggi).

Che la terra cotta sia comunque un materiale fragile è noto, pertanto, più lo usi e più sono le probabilità che si rompa, perché il tempo e l’usura rendono ancora più fragile l’argilla (i manici sono ideali per legare la fune da calare nel pozzo).

La morale sarebbe che nella vita alcune cose (e uomini), hanno un compito, e seppur venisse portato avanti con bontà o con fatica, non potrebbe essere eterno.

La quartara puoi sfruttarla anche con un solo manico, e addirittura senza manici, ma non puoi più utilizzarla se si rompe il muso.

D’altronde a cosa servirebbe avere una bella quartara se non per portarla al pozzo? Che senso ha, allungare la vita ad una quartara lasciandola a casa, nuova, vuota e in bella vista come se fosse una preziosa opera d’arte?

La vita ci dice che dobbiamo essere belli e utili.