Chi mmi servi essiri bella e aviri lu maritu pecuraru?

Detti e proverbi calabresi liberamente narrati da Angelo Latella 

Traduzione: “a cosa mi serve essere bella e avere un marito pecoraio?”

Molto riflessivo il detto di oggi. Parla di bellezza e benessere, trascurando l’amore.

Pone l’attenzione al dono divino (la vita) con la ciliegina sulla torta (la bellezza), e sembra rivolto soprattutto alle donne.

A cosa serve essere belle? Se poi la bellezza non garantisce la felicità?

E qui si apre un processo interminabile sull’idea di felicità.

Il proverbio fa riferimento all’aspetto economico o nobiliare dell’essere pecoraio?

In sostanza il marito viene denigrato per i magri guadagni o per la bassa posizione “sociale”?

Eppure un vecchio brano di Otello Profazio recitava così: “non pirchi’ su pecuraru ma su riccu di munita, abballati donna Tita”, a sottolineare l’allegria che circola in certi ambienti.

Conclusioni. Il proverbio di oggi non è altro che un invito a sfruttare ogni situazione di vantaggio.

Donne, essere belle, ma anche intelligenti, brave, ricche di salute è un vantaggio, un vantaggio per cui è necessario ringraziare non solo il nonno, ma anche il pecoraio, o se preferite, il buon Pastore.